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IN CONNESSIONE CON

Istituto Comprensivo D.Settesoldi, Filarmonica Senofonte Prato, Gruppo Archeologico Vecchianese e Attiesse.

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Un progetto dell’I.C. D.Settesoldi di Vecchiano, realizzato grazie ai fondi ministeriali del Piano Estate, coordinato dai Teatri della Resistenza in collaborazione con Associazione Musicale Filarmonica Senofonte Prato, GAV – Gruppo Archeologico Vecchianese e Attiesse – Associazione Teatro Spettacolo

 

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti

Cesare Pavese

 

Vecchiano è da sempre un “paese”.

Ha i suoi luoghi riconoscibili: scuole, piazze, teatri, vie, viottoli e sentieri, fiumi, laghi e monti ed è fatto di storie belle, storie brutte,  racconti, soprannomi, suoni, canzoni, miti e leggende. Però Vecchiano continua a esistere solamente se qualcuno continua a raccontarlo e per farlo, per tramandare quel qualcosa c’è bisogno di qualcuno che lo racconta e di qualcuno che lo ascolta.

Con l’avvento del concetto di “paese dormitorio”, forse ci siamo assopiti un po’ tutti e pian piano non sappiamo più chi siamo e da dove veniamo. Un giorno guardando quell’edificio sul cucuzzolo della cava ci saremo dimenticati del perché si chiama “castello”, anche se un castello non è. Ci dimenticheremo del paese di cavatori che siamo stati e delle grotte buie che hanno dato vita a leggende e mostri. Guardando i casotti sul lago e i campi della bonifica non ci ricorderemo più di come, per sopravvivere, si tagliavano le cannelle di padule e si coltivavano gli spinaci o di quando i tedeschi facevano stragi in quei luoghi, non ci sarà più traccia di quando la nobiltà ci fece la concessione dei terreni per gli Usi Civici e di come ci siamo conquistati l’accesso al mare, di quando c’erano più bar che banche, di come un signore a un certo punto costruì un teatro e tante altre storie e vite passate che hanno contribuito a costruire un paese. 

Per fare un paese servono tante vite, tanti anni e tanta conoscenza.

Un bel modo per risvegliarsi da questo torpore che contraddistingue la contemporaneità è, per noi, quello di creare un percorso in cui le ragazze e i ragazzi, i bambini e la bambine che oggi questo paese lo vivono, possano dare forma e parole al territorio per riscoprire un’identità comune pronta a evolvere ancora con le prossime nuove generazioni.

Il territorio pensato: suoni e parole